Una nuova rivelazione musicale – ”Bottardi school of Rock” di Roma

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(lunga lettura)

Una mattina di giugno, il parco di un liceo e un gruppo di giovani artisti dall’aria sognatrice e modi alternativi rappresentano il punto perfetto per la riuscita di uno spettacolo.

Mercoledì 07 giugno, al I.T.T. Bottardi di Roma, il musical VOODOO CHILE ha fatto tremare i dintorni con i suoi brani ben scelti.

Con una sceneggiatura degna di un premio Oscar, scritta da Stefano Toni, in regia dello stesso e di Ilaria Natalucci, il palco improvvisato nel cortile interno della scuola ha portato un susseguirsi di musicisti, cantanti e ballerine.

Il ritmo incalzante dello spettacolo non ha lasciato spazio alla noia. Gli spettatori più grandi hanno ritrovato brani di altissima qualità riarrangiati per il periodo attuale, mentre gli spettatori più giovani si sono trovati davanti ad una musica che non fa parte della loro cultura musicale.

In un modo preparato a regola d’arte, gli spettatori sono stati catapultati in una New Orleans del 2005 dove le proteste contro il governo Bush si intrecciano con vicende di amore, morte e stregoneria, affari assolutamente normali in quella zona.

Le voci dei protagonisti insieme agli strumenti della band suonati magnificamente da tutti i membri, senza alcuna eccezione, hanno spinto i presenti in un mondo di note e magia, di Ku Klux Klan e serpenti che sono divinità ancestrali, di balli e follia creativa.

La direzione musicale dello spettacolo è stata firmata da Francesco Zagarese e Stefano Toni.

Come suggerito dalla brochure del musical, i personaggi e gli interpreti sono stati i seguenti:

Marie Lacroix – Shiny, Cornelius Brown – Max Martinelli, Baron Samedì – Marwan Mohamed, Christophe De La Mar – Daniele Russo, Damballah (Il Dio Serpente) – Daniele Russo, Samantha Jacoteau – Ilaria Natalucci, Joe Carmouche – Lorenzo Onofri, Debbie Lacroix – Ylenia Frati, le tre “cattive ragazze” – Francesca Tenaglia, Cristiana Felici, Emanuela Bohor, i poliziotti / il KKK- Damiano Spagnoli, Davide Zammuto, Hernan Marotta e la voce narrante- Ilaria Natalucci.

La band è stata formata da:

Laura Cugini – batteria, Camilla Mohamed – basso, Riccardo di Mario – chitarra e i guest musicians Francesco Zagarese – chitarra, Daniel Mastrovito – tastiere, Luca Calabrò – percussioni.

Il balletto è stato assicurato dalla Scuola di danza Tacchi&Punte, le ballerine che si sono esibite sono le seguenti: Alice Lanatà, Giada D’Amore, Maria D’Antonio, Maria Veronesi, Simona Liberatori, Aleida Olivieri, Nina Fortunati, Lucrezia Laurenzano. Le coreografie sono state realizzate da Chiara Fiumanò.

Per i costumi dello spettacolo si è occupata Ilaria Natalucci, del trucco – Francesca Tenaglia e Cristiana Felici e delle scenografie – Luca Dalprà. Il suono e le riprese video sono stati curati da Daniele Spigola.

Alla fine dello spettacolo sono state raccolte alcune interviste che vengono proposte in questo articolo. Queste interviste dovranno far luce su chi sono questi talentuosi ragazzi e cosa gli accomuna nella loro ricerca per la creazione musicale.

Stefano Toni

Sono un ex insegnante del ITT Bottardi (per 35 anni, professore di informatica), musicista e fondatore del Laboratorio Musicale Bottardi negli anni ’90. Con l’aiuto di diversi collaboratori ho iniziato a fare corsi di strumenti e lab di musica all’interno della scuola. Erano gli anni ’90 e gli allievi erano diversi di quelli di adesso.

Devo spezzare una lancia anche con le nuovissime generazioni perché, anche se c’è differenza dovuta, secondo me, ad un vissuto completamente diverso, un mondo completamente diverso rispetto a quello che poteva essere quello di una trentina di anni fa, ci sono delle scintille che si accendono sempre al momento giusto anche nelle nuove generazioni, per cui questo anno ho trovato veramente quello spirito di trent’anni fa in questi ragazzi che mi hanno seguito quest’anno.

Il laboratorio vive da trent’anni, abbiamo fatto un sacco di cose, anche molto grosse. Nel 2020 ha visto un’interruzione dovuta al problema del Covid e dell’epidemia che ha fatto dei danni al livello psicologico anche sui ragazzi.

Questi sono stati costretti a vivere per quasi due anni chiusi nella loro cameretta. I rapporti con i compagni erano solo al livello di social. Non c’era più quello scambio umano che è propedeutico per la musica.

Però, dopo questi due anni di blocco, abbiamo ricominciato e ho trovato un terreno fertile anche in queste nuove generazioni. Questi ragazzi con i quali lavoro da un paio d’anni sono straordinari. Io ripeto, sono un musicista ma non esercito più come musicista e sono diventato un insegnante anche di musica oltre che di informatica.

I.: Come si concilia un Istituto Tecnico per il Turismo con la musica?  

S.T.: Devo dire che l’educazione in Italia sembra non tener conto dell’arte. Ma io direi che l’arte è tutto un tondo. Dopo un periodo di governi in cui vigeva la legge dell’informatica/inglese/impresa, per cui la scuola doveva essere nient’altro che un posto che preparava per svolgere un lavoro, l’educazione ha subito un’involuzione.

Ci sono ancora insegnanti che danno importanza a quello che è l’umanesimo inteso come l’uomo al centro delle cose e l’arte come espressione/somma dello spirito umano. A questi insegnanti dovrebbe essere fatto un monumento. In generale, la scuola sta virando verso un’educazione e preparazione esclusivamente per il lavoro in cui per l’arte non c’è posto.

Sembrerebbe che non c’è posto nel senso che non è vero, perché anche l’arte può diventare un lavoro. Purtroppo, in Italia l’arte è penalizzata.

Il fatto è che in questo Istituto abbiamo avuto presidi sempre illuminati, colleghi che hanno sempre appoggiato questo tipo di attività, alluni che hanno risposto in modo corretto. Sono questi i motivi per i quali, anche se un Istituto Tecnico, è potuto nascere un fiore così carino come questo del nostro Laboratorio.

I: Invece, per quel che riguarda l’evoluzione musicale in Italia, cosa ne pensa? 

S.T: Io non posso parlare di musica in senso generale, perché sono un sessantottino. Il mio amore per la musica è nato con il rock. La musica è bella tutta: il jazz, il rock, il blues, tutta. Essendo specializzato nel rock, vivo questa musica.

In Italia non c’è, in questo momento, un’evoluzione della musica. Se dovessi giudicare come evoluzione il successo che hanno avuto certi gruppi… bisognerebbe parlare sempre di meno, ma non se ne può.

Dunque, parlando del successo dei Maneskin, se questo deve essere considerata un’evoluzione, io non sono d’accordo. Abbiamo a che fare con un gruppo che è semplicemente un’icona del sistema, costruito a tavolino, che serve per portare avanti dei messaggi massificanti, esattamente l’opposto di quello che era il rock all’inizi.

Non mi sembra, dunque, che in Italia ci sia un’evoluzione musicale. Dobbiamo sperare nelle nuove generazioni.

I: Il messaggio che volete trasmettere al pubblico?   

S.T.: Quello di sognare. Fantasia al potere. Possibilità di immaginare che sia possibile raccontare una storia anche con pochi mesi, così come abbiamo fatto noi e coinvolgere il pubblico. Mandare al pubblico delle sensazioni, delle emozioni. Il nostro messaggio è questo: Riaprite di nuovo la mente al sogno!

Ilaria Natalucci, organizzatrice del Lab Musicale Bottardi. Nello spettacolo, la strega Samantha, voce narrante, costumista, aiuto scenografa e aiuto regista

I: Qual è la tua visione riguardante la cultura musicale e come vedi tu l’evoluzione della musica in Italia? 

I.N.: In Italia credo che ci siano molte piccole realtà che coltivano l’amore per la musica e anche la passione per dei generi nuovi, vecchi e soprattutto per la qualità musicale. Purtroppo, sono solo piccole realtà poco conosciute. Per questo motivo, la maggior parte della gente non viene in contatto con queste realtà e, di conseguenza, ascolta musica della qualità leggermente minore semplicemente perché è abituata a quelle sonorità. Ecco perché c’è un impoverimento della cultura musicale.

I: Come consideri che venga percepita la musica che suonate dal pubblico che vi segue? 

I.N.: Credo che le nostre siano delle sonorità che sono nuove per i ragazzi giovani e abbastanza famigliari per le persone più grandi. Spesso capita, però, che dei genitori, nonni oppure zii facciano ascoltare questi generi da noi suonati ai loro figli o nipoti. Mi rendo conto che per alcuni questi generi musicali sono completamente sconosciuti.

I: Qual è il messaggio che desiderate trasmettere attraverso gli vostri spettacoli?  

I.N.: Inclusione prima di tutto. Nel nostro staff abbiamo tutti i tipi di persone: vecchi e nuovi allievi, senza distinzione di sesso. Non ci interessa l’aspetto fisico oppure i vari tipi di amore che possano nutrire. Ci sono persone con diversi tipi di patologie e alcuni ragazzi che hanno difficoltà. Con la musica riescono ad esprimersi.

Camilla Mohamed – Basso elettrico

I: Qual è la tua visione riguardante la cultura musicale e come vedi tu l’evoluzione della musica in Italia?  

C.M.: La cultura musicale è uno strumento utile per tutte le persone. Siccome non esiste una musica adatta ad una persona invece che a un’altra, ma che tutti possono ascoltare tutto, credo che sia molto importante perché crea unione tra tutti. Per quel che riguarda la visione della musica qui in Italia, la mia è una visione abbastanza triste. Triste non perché questa non esiste, ma perché non si dà molta opportunità ai giovani su vari generi ma solo su alcuni determinati perché vanno di moda.

I: Qual è il genere che suonate? 

C.M.: Noi suoniamo un mix di vari generi. Partiamo dal rock, spostandoci sul blues, funk, soul e addirittura il reggae per un mix di culture musicali.

I: Come consideri che venga percepita la musica che suonate dal pubblico che vi segue? 

C.M.: Il pubblico ci percepisce come un gruppo strano, ma anche la musica che noi suoniamo possa sembrare strana a loro. Questo succede perché adesso non si porta più il rock di questo tipo ma soprattutto il rap e la Trap. Credo che la veda come una cosa nuova.

I: Qual è il messaggio che desiderate trasmettere attraverso i vostri spettacoli?  

C.M.: Sicuramente quello di intraprendere un percorso musicale che può essere adatto a tutti, sia per sbloccarsi, sia per la propria salute. In qualsiasi modo, la musica fa bene. Noi speriamo di trasmettere un messaggio positivo: “Portate avanti la musica e fate anche la vostra”.

Laura Cugini – batteria secondo livello, chitarra elettrica primo livello

I: Che significa per te far parte di questo gruppo musicale? 

L.C.: Per me, far parte di questo gruppo significa impegnarsi a suonare, alimentare la mia passione per la musica e costruire qualcosa di bello insieme ai miei amici. Non si può fare un gruppo senza essere d’accordo, perché altrimenti le idee contrastanti darebbero nascita a delle problematiche. Nel gruppo è importante che tutti apprezzino diversi generi musicali e noi rispettiamo questo nostro essere così diversi. In questo modo ampliamo la propria visione riguardante la musica. 

I: Come vedi tu l’evoluzione della musica in Italia?  

L.C.: Facendo l’esempio dei Maneskin posso dire che sono quel qualcosa che ci fa capire che la musica suonata dai veri strumenti musicali sta ritornando di moda.

C’è bisogno di più esempi e sicuramente gli esempi ci sono in Italia. Mi riferisco a dei gruppi che fanno un buon lavoro, ma che trovano difficoltà nel farsi conoscere, nel diventare famosi.

Questo è il problema principale, ma penso che ci sia stato un regresso. In fin dei conti, dipende dai generi che vanno ascoltati ultimamente. A livello di strumenti, questi erano messi da parte e venivano usate basi elettroniche.

Qualsiasi genere, anche il punk, ora utilizza le basi elettroniche. La Trap metal viene considerata da alcuni metal quando, invece, la Trap metal si fa usando basi elettroniche.

I: Come pensi siate percepiti dal pubblico? 

L.C.: Mi sembra che il pubblico abbia sempre più bisogno della musica elettronica perché è quello che ascoltano in modo abituale. A volte mi sembrano annoiati, come se non capissero cosa sta succedendo davanti a loro.

Molte volte non capiscono il genere che stiamo suonando e, dal momento che non possono comprendere quello che c’è dietro e integrarlo con quello che succede davanti, osservano solo le piccolezze, quello che gli sembra musicalmente più elevato ma che, in realtà, sono cose relativamente semplici da eseguire.

Tutti ci siamo abituati a una musica statica con quasi zero variazioni di tempo. Nella musica pop ci sono delle variazioni irriproducibili con dei strumenti normali. Sembra quasi che la gente chieda generi come il rap, la Trap, il reggaeton, però ancora ci sono persone che ascoltano il rock, metal, soul, blues, jazz.

Sono queste ultime le persone che vedo interessate alla nostra musica. Importante è che quello che facciamo interessi al pubblico al quale è destinato. Se si vanno a fare determinati progetti in una scuola non ci si può aspettare che piaccia a tutti. Ovviamente, potrebbe non piacere a tutti nemmeno in un luogo adeguato.

I: Qual è il messaggio che volete trasmettere con il vostro spettacolo che comprende non sono la parte teatrale e musicale, ma anche i balletti? 

L.C.:  Il balletto doveva aiutare a comprendere la storia inventata dal nostro insegnante, Stefano Toni. C’è stato il bisogno di mostrare una parte che non è vista dalle persone, molte volte. Anche qualcosa riguardante la musica stessa che le persone non conoscono.

Voodoo Chile è ispirato all’opera di Jimmy Hendrix, Voodoo Child. Abbiamo raccontato una storia sviluppatasi nel New Orleans dove il voodoo è una realtà e abbiamo raccontato anche storie di diverse forme di odio contro alcune minoranze.

Noi volevamo far capire alcune determinate circostanze. Il messaggio mio personale, come batterista, era quello di energia, di carica, quello di far piacere la musica a chi la sta ascoltando, la stessa musica che piace a me in primis.

L’impegno nostro per un anno intero, grazie al nostro Stefano Toni, ci ha aiutato a crescere molto a livello musicale. Quest’anno è stato molto più formativo di tutti gli altri anni addietro.

Solo costruendo un musical, una scaletta, ricordandosi le pause, i momenti scenici, le voci fuori campo, quando c’era il bisogno di alzare o di diminuire le dinamiche, tutto questo si può capire solo facendo un musical, suonando, impegnandoti.

Cristiana Felici, una delle “Bad Girls” – cantante

I: Qual è la tua visione riguardante la cultura musicale e come vedi tu l’evoluzione della musica in Italia? 

C.F.: La musica è, sicuramente, un mezzo per esprimere emozioni, per esprimere tutto quello che si prova. Penso e spero vivamente che in futuro venga preservata questa cosa di prendere la musica come emozione vera e propria.

I: Come consideri che venga percepita la musica che suonate dal pubblico che vi segue? 

C.F.: Una parte di noi eravamo nuovi, ma spero che il pubblico abbia percepito l’emozione che avevamo da trasmettere.

I: Qual è il messaggio che desiderate trasmettere attraverso i vostri spettacoli?   

C.F.: Volevamo trasmettere la passione, perché tutto quello che abbiamo fatto è stato fatto perché ci piace. Vogliamo coinvolgere anche altre persone. Sarebbe un mondo bellissimo quello in cui tutti sono appassionati di musica, un mondo in cui tutti possono anche esibire questa loro passione.

Marwan Mohamed, cantante, chitarra e altri strumenti

I: Qual è la tua visione riguardante la cultura musicale e come vedi tu l’evoluzione della musica in Italia? 

M.M.: La musica sta affrontando un grande cambiamento in Italia negli ultimi anni, da quando – comunque- sono sorte nuove influenze, tanti gruppi, anche emergenti, stanno prendendo coraggio per avere il loro spazio.

Soprattutto con l’avvento dell’autoproduzione è possibile che nuove piccole realtà riescano ad emergere. Certo, la difficoltà sta sempre nello scegliere se autoprodursi o trovare un compromesso col genere che va ultimamente con grandi etichette o talent.

I: Ho da farti una domanda diversa da quelle poste agli altri. Ho visto che per voi è molto difficile raccogliere fondi, anche se avete messo in atto un processo di crowdfunding che non è andato troppo bene. Ti spieghi quale possa essere il motivo? 

M.M.: Tante persone non ci conoscono, non sanno nemmeno cos’è il crowdfunding. Poi, quando si tratta di donare i soldi, le persone sono restie soprattutto se non concerne una loro stretta necessità. Però, forse trovando i canali giusti, sfruttando delle parole chiave, oppure cercando un modo per renderlo un po’ più facile e comprensibile, qualcuno si potrebbe avvicinare.

I: Tu ti esibisci soltanto qui, oppure anche con altri gruppi? 

M.M.: Io ho iniziato qui e se non avessi iniziato qui, al Bottardi, non avrei mai cantato nella mia vita. Continuerò a cantare e fino a quando il Bottardi mi chiamerà a cantare, canterò qui. In più, faccio parte di altri gruppi e canto anche da solo.

I: Consideri che sia davvero una realtà da difendere, questa dell’Istituto Bottardi? 

M.M.: Assolutamente sì. I ragazzi di questa scuola hanno bisogno di una realtà parallela alla realtà di studio nel dominio tecnico turistico. Si tratta di una realtà da portare avanti oltre allo studio.

I: Come consideri che venga percepita la musica che suonate dal pubblico che vi segue? 

M.M.: Io ho visti uno status generale di felicità e mi sembra sia piaciuto un po’ a tutti quanti. Sicuramente ci saranno anche dei punti di vista un po’ più tecnici, ma in grandi linee è stato un bel spettacolo. Forse è stato anche il merito delle coreografie che è stata una bella novità di quest’anno.

I: Qual è il messaggio che desiderate trasmettere attraverso i vostri spettacoli?

M.M.: Vogliamo far vedere a tutti che la musica piace, la musica è vita, la musica è cultura, è necessità e insieme alla musica anche il teatro e tante altre forme di espressione artistica.

È per questo che noi facciamo musica abbinata ai balli ed è per questo che esce fuori il musical. Come noi, tanti altri potrebbero far vedere quello che sanno fare, avere il coraggio di portare avanti le loro passioni, di non fermarsi mai.

Max, cantante e chitarra

I: Qual è la tua visione riguardante la cultura musicale e come vedi tu l’evoluzione della musica in Italia? 

M.: Il rock sta riprendendo piede. È il mio genere, mi piace suonare il rock. Con i Maneskin, diventati famosi, i giovani ricominciano ad ascoltare il rock. Questo mi fa molto piacere. Il rock che abbiamo suonato qui è ancora più vecchio di quello dei Maneskin.

La musica che va di moda adesso, il rap, la Trap e tutti i sottogeneri non mi appartengono più di tanto e mi tengo un po’ lontano da quel mondo. Spero si possa rialzare il livello della musica in Italia.

I: Come consideri che venga percepita la musica che suonate dal pubblico che vi segue? 

M.: Abbiamo fatto un musical, quindi dietro c’era una storia con una voce narrante. I brani sono stati riarrangiati e per questo spero sia piaciuto.

Dunque, spero che il nostro spettacolo spinga i ragazzi ad ascoltare anche altri generi fuori da quelli che abitualmente vengono ascoltati ora in Italia. Vogliamo trasmettere un messaggio chiaro: quello di ascoltare questa musica che rappresenta le radici della musica fatta ulteriormente.

Shiny: cantante protagonista del musical, Marie Lacroix. Suona il pianoforte e tastiere 

I: Qual è la tua visione riguardante la cultura musicale e come vedi tu l’evoluzione della musica in Italia? 

S.: In Italia esistono diversi generi. Fino a qualche anno fa sembrava che l’evoluzione osservasse solo la Trap, ma adesso vedo una variazione dei nuovi generi e anche un ritorno del rock in tutte le sue versioni. Credo che la musica del secolo precedente stia tornando ma in una versione evoluta e questa cosa mi piace molto. 

I: E qual è il messaggio che volete trasmettere?  

S: Innanzitutto quello di non smettere mai di fare musica, perché la musica unisce. Senza la musica noi non saremmo così tanto amici, non avremmo trovato questo gruppo di persone che è diventato come una famiglia. Di non generare caos inutile, di rimanere semplicemente liberi a divertirci, senza pretese. Semplicemente di stare insieme.

I: Come pensi che percepisce la vostra musica il pubblico?  

S: Questa è una bella domanda. Credo sia molto oggettiva come cosa perché, da un lato potrebbero anche annoiarsi, soprattutto quelli che non famigliarizzano con questo genere, dall’altro lato penso che siano rimasti molto sorpresi vedendo tutto quello che facciamo.

I: Quando finirai il tuo percorso di studi qui vorrai tornare a fare parte di questo gruppo? 

S: Questo è il mio ultimo anno di studio in questa scuola, ma al cento percento continuerò questo laboratorio bellissimo. Penso che questa sia stata una delle mie esperienze musicali che mi ha formato più di tutte, sia a livello umano che a livello tecnico-musicale. 

I: Vi esibite anche fuori dalle mura della scuola?  

S: Questo spettacolo lo porteremo in più teatri, penso verso il settembre ci riusciremo. L’idea c’è e noi la porteremo avanti.

Francesca, corista, una delle Bad Girls

I: Dici quello che pensi della cultura musicale e della sua evoluzione in Italia 

F: La cultura musicale italiana va stimolata soprattutto nei ragazzi, per quel che riguardano i generi musicali poco conosciuti dai ragazzi come il rock, blues o il metal. Stiamo lavorando anche per questo.

I: Come pensi che siete visti dal pubblico, che impressione pensi che stiate facendo al pubblico?  

F: Sicuramente il pubblico ci vede innovativi, un po’ rivoluzionari. Abbiamo cambiato le canzoni, rimanendo sull’originale ma dandogli una nuova visione. Questa è la nostra evoluzione della musica.

I: Il messaggio che cercate di trasmettere?  

F: Il principale messaggio è quello dell’amicizia tramite la musica, i legami che si creano, suonare per divertirsi, fare tanta esperienza. Questo può essere anche un modo per farsi conoscere.

I: Intendete proseguire con questi vostri progetti musicali?  

F: Assolutamente sì, anche se non lo faremo per lavoro ma solo per hobby, la musica è davvero stupenda. 

I: Una volta finito il percorso di studi qui, tornerai a far parte di questo gruppo, di suonare? 

F: Assolutamente sì, per le amicizie che si sono create e che non potrei lasciarle mai, ma anche per gli insegnanti fantastici che si dedicano a questo laboratorio.

I: Quando vi incontrate fuori dal laboratorio, parlate solo di musica oppure anche di qualcos’altro? 

F: Non parliamo sempre di musica, ma quasi, perché è una cosa che ci accomuna.

Asia, bassista, laboratorio di I livello

I: Come vedi tu dal I livello questa realtà musicale? 

A: Secondo me, il ruolo del laboratorio musicale è uno molto importante nella vita dei ragazzi che ne fanno parte e quali, nella loro maggioranza, ci sono cresciuti. Hanno iniziato quando erano piccoli e adesso hanno 30, 40 anni.

Serve a farti crescere sia come persona che come carattere. Qui entri timido, senza saper spiccicare una parola e te ne ritrovi davanti ad un pubblico di… non so quante persone. È molto utile come strumento di crescita personale, ma anche per divertimento. Sta nel cuore di tutti, il Laboratorio.

I: Ti ho visto girare nel pubblico, non sei stata solo sul palco. Come hai sentito l’energia delle persone che si trovavano nel pubblico?A: Ho visto il pubblico molto preso dallo spettacolo. Gli vedevo come cercavano di seguire la storia che si svolgeva dietro, le emozioni che venivano raccontate.

I: Per quel che riguarda la cultura musicale in Italia, cosa ci puoi dire?  

A: In questo momento sta spopolando la Trap e sarebbe bello se tornasse di moda il rock, il funk, anche se questi generi venissero proposti in una chiave modernizzata, remixata.

Come si evince dalla lettura delle interviste, i ragazzi hanno un quadro chiaro di quello che fanno e che desiderano fare. Gli insegnanti che guidano i ragazzi nella loro crescita personale e artistica sono persone con molti anni di esperienza alle spalle, ma lavorano lasciando la libertà di scelta ai nuovi artisti.

I progetti sono tutti da applaudire e sostenere, gli spettacoli sono assolutamente da vedere. Qual è il messaggio che il lettore di questo articolo lascia a questo gruppo artistico così compatto, bello, unico nel suo genere?

 

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